
L’ uomo guarda nell’ abisso ma nessuno risponde al suo sguardo è una battuta di un celebre film degli anni Ottanta che l’ autista del camion fermo di fronte al vuoto lasciato da un ponte crollato forse non ricorda. Ignaro che il benessere di quegli anni derivava dalla corruzione e dall’ orgoglio, dalla concretezza e dall’ avidità sbriciolatisi come neve al sole nel trionfo del tanto peggio tanto meglio, del moralismo cieco e villano, dell’ incompetenza e delle consecutio temporum sbagliate. E’ crollata una infrastruttura metafora dell’ Italia: design, calcolo, spregiudicatezza, lo sguardo rivolto all’ America, persino il progettista col nome di un cantante. Occorre un coraggio che manca per dire che quando l’ edilizia va tutto va e quindi, quando l’ edilizia non va non va nulla. Come in un meccanismo a tempo, un timer programmato per l’ autodistruzione, crollano le opere pubbliche del boom economico, fatte da imprese e politici. Di opere pubbliche si parlò fino al crollo della prima repubblica. Le mani di chi non fa nulla sono pulite, certo. Solo che chi nulla fa non fa il male ma neanche il bene. Ambiente e sviluppo sono, entrambi, meritevoli di tutela. Se la bilancia pende troppo sul secondo si rovinano l’ aria, l’ acqua, la salute della gente. Ma se pende troppo sul primo si finisce poveri e pazzi. Se non vogliono nuove infrastrutture, allora aggiustino quelle vecchie. Ma che decidano, perchè la politica è fatta di scelte. Chi non risica non rosica. Nel 1992 finì la relazione tra partiti e imprese. Venti anni dopo l’ Europa impose l’ austerità e mise fine alla seconda repubblica. La terza non è ancora nata perchè nessuno vuole saltare quel ponte rotto. Tutti indicano i responsabili di questo o quel disastro come un osceno crucifige. Le due forze politiche che governano hanno vinto le elezioni perchè hanno parlato alla pancia dei propri elettori e preso i loro voti. Mentre sembra ormai giunto il tempo di affidare l’ Italia a chi parla a tutti vincendo dopo avere rischiato di perdere.