Al di là del muro

A 30 anni dalla caduta del muro di Berlino il mondo va ripensato
resti del muro di Berlino

Nel mondo diviso in due dal muro di Berlino, l’individuo era tutto intero.  In – diviso nel nome e nel fatto, consapevole della propria appartenenza a un gruppo politico, a una classe sociale. I suoi desideri erano il prodotto di una lunga elaborazione, i suoi ricordi niditi, la sua vita scadenzata da battesimi, lauree, matrimoni e nascite.

Cadde il muro e il mondo si spappolò in mille parti. Per tenerlo insieme furono usati collanti di fortuna: denaro e tecnica. Il Papa di allora ammonì: la fine del comunismo avvenga salvando l’eredità cristiana in tutte le sue manifestazioni politiche e culturali: libertà, tolleranza e democrazia, senza scivolare in tentazioni opposte.

Ma la famiglia aveva, già, ceduto il posto alla coppia, la coppia sarebbe, poi, stata scalzata dall’individuo. La tecnica si è, col tempo, impossessata dell’individuo e di un uomo solo ne ha fatti tanti, divisi dalla geografia, dai desideri e dall’appartenenza che, oggi, è plurima. La sua residenza è un pò qui un pò lì, il linguaggio cambia a seconda dell’interlocutore, i profili personali si adeguano alle convenienze del momento o alle mode.

Egli è sempre più solo e confuso. Per recuperare quell’unità perduta si ingrossano le tribù e l’appartenenza non è salda ma urlata. Forse, nel trentennale della caduta del muro, non occorre pensare né a nuovi muri né a nuovi ponti, ma a ricostruire città: luoghi di scambio e di manifestazione del pensiero dove dà il meglio di sé la società civile. Che non è quella che scende in piazza per protestare o si nasconde per cospirare. Ma quella composta da minuti personaggi che cercano la salvezza nella vita di tutti i giorni.  

 

 

 

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