
Tante crisi hanno dato nome ad un’epoca, a un modello di società, quella del rischio (Urlich Beck). Sembra che questo fenomeno abbia ridotto gli intervalli, dopo la pandemia e l’Ucraina. Ora siamo al capitolo finale, perchè Israele non è solo ebraismo, ma è la calamita che attrae chi cerca la salvezza, indipendentemente dalla forma che ad essa voglia darsi.
Bastano le prime allarmanti cifre provenienti dal mondo della finanza a fornire la misura di cosa significhi l’instabilità di quella porzione di terra dove si sono date appuntamento le grandi questioni di sempre. E spiegano, anche, perchè il conflitto non può allargarsi.
Si marcano gà distanziamenti, divisioni, e si intravede una probabile resa dei conti tra le destre in Italia e altrove. In Europa si rende urgente uscire dall’ambiguità e decidere – ma con i fatti – da che parte stare, a quali condizioni distribuire aiuti umanitari o finalizzati allo sviluppo.
Viene dichiarato il risentimento tra gruppi religiosi. Questo conferma come la lingua universale abbia cessato da tempo di essere quella di D o. Soppiantata dalla Rete, con i suoi calcoli, le sue strade, i vicoli spesso ciechi e, anche, i suoi abissi.
D’altra parte, sembra che la situazione sia precipitata per la troppa fiducia nella tecnica, quella che deriva proprio da Internet e dalla logica della trasparenza. L’intelligenza artificiale non è riuscita a vedere dentro l’uomo fino in fondo, il male che è in lui.
Assistiamo a una operazione di chirurgia, una guerra che si deve combattere casa per casa, mentre quella già allucinante in Ucraina rimanda alle grandi proporzioni. Questa riporta a un passato ancora più remoto, se possibile, di quello resuscitato dalla Russia di Putin. Ma dove ritrovare l’uomo, richiamato all’ennesima sfida tra bene e male.