Cercasi America disperatamente

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Barack Obama aveva sostenuto che gli Stati Uniti d’America non potessero più reggere il peso del mondo con la forza militare. Anche Donald Trump ne era convinto. Ma Obama aveva mantenuto salda un’altra convinzione, nel cuore prima che nella testa: che l’America dovesse continuare a dire al mondo cosa sono la libertà e la dignità.

Il resoconto di venti anni di storia finiti male in Afghanistan del suo vice che, oggi, è presidente, è un mediocre scaricabarile che ricorda Cetto La Qualunque, il politicante di provincia impersonato in tv da Antonio Albanese. Quello che succederà alle donne e agli uomini di quella terra sfortunata, insomma, sunnu cazzi sua.

Ma forse c’è di peggio. Perchè la lungamente preparata conquista di uno stato-nazione da parte dei talebani e la coordinata sponda cinese non possono non far pensare ad un accordo sottostante del quale l’America di Biden, suvvia, non poteva non sapere.

Se a Kabul restano le ambasciate cinese e russa e vanno via gli americani non può essere un accidente o una scelta estemporanea. E gli accordi politici o si spiegano prima o si spiegano dopo. La segretezza (se non è indispensabile per ragioni di sicurezza) è un rischio.

La citazione di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera circa la tesi formulata a suo tempo da Samuel Huntington – radicalismo islamico e Cina potrebbero convergere, sosteneva il politologo di Harvard – appare molto pertinente (e inquietante).

Ogni dubbio, adesso, è legittimo. Argomentiamo attraverso ricordi o evocazioni. Quando cadde il comunismo in Unione Sovietica le imprese pubbliche furono rilevate da maggiorenti locali che avevano la forza di farlo. È noto che costoro sono presenti in Cina come in moltissimi altri paesi del mondo, compresi gli Usa.

Orbene, che le mafie possano stringere accordi spartendosi pezzi di mondo dove la politica è debole o debolissima o dove non c’è affatto, accade. La cosiddetta libanizzazione consiste proprio in questo. Dove il vincolo comunitario fondato su regole e valori si scioglie de facto inizia la divisione delle risorse tra bande rivali.

Ma questo non può lasciare indifferenti i custodi dei valori democratici, della libertà e del capitalismo che è sempre, non dimentichiamolo, liberal capitalismo. Non lo dimentichino neanche quanti conoscono l’Italia, un paese in cui poteri occulti, bugie e violenza hanno inquinato per lungo tempo il dibattito nostrano, oggi addormentato dal virus della rassegnazione.

Giornalisti, spesso al soldo di Procure compiacenti e corrotte, hanno dimenticato che libertà, spirito democratico e diritto di critica sono conquiste borghesi. Eredità del mondo prima anglosassone e, poi, americano.

Il politologo Michael Walzer, intervistato da Viviana Mazza sul Corriere della Sera, ricorda che “il miglior esempio di uscita dalla guerra fu l’evacuazione britannica dalle colonie in America nel 1783. I britannici portarono con sé 40mila collaboratori con imbarcazioni di poche centinaia di persone”.

Sconcerta che l’America debba, oggi, prendere esempio dagli inglesi in fatto di moralità e responsabilità.

La fine politica dell’italo americano Andrew Cuomo a causa di biasimevoli condotte nel paese dove è stato possibile il riscatto per tanti connazionali accentua la cupezza del momento.

Il tempo spiegherà se le conquiste del secolo scorso furono solo illusioni ed inganni. Se il benessere e la libertà conquistati dagli occidentali si nutrivano del ricatto del denaro e del cinismo del potere, oppure no. La sfida è una questione d’onore. Si può perdere o vincere, ma si deve raccogliere.

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