
Nel 2020 capitale italiana della cultura sarà Parma, nobile città emiliana che evoca immancabilmente le tre cose del Belpaese più note nel mondo, ovvero arte, cibo e lirica.
Parma è una delle capitali di quella tradizione gastronomica che ha saputo fondere senza pari cultura del Nord e del Sud. Si tratta di un intreccio di odori e sapori (che ha origini popolane, tra l’altro) e a quell’intreccio talora si aggiungono la vista di una tavola apparecchiata, il senso dell’ospitalità, un panorama: tutto quanto ci è sempre appartenuto ma che sembra mancare nell’Italia di oggi.
La lirica, che nel suo teatro è rappresentazione della società e delle arti, anche quelle intrecciate tra di loro, si diffonde nelle strade dove capita di sentire canticchiare l’opera, magari da qualcuno a cavallo ad una bicicletta. Un popolano, insomma. L’arte è espressione del bello, ma anche della civiltà politica e della civiltà cristiana, ovvero delle due civiltà che diventano quella europea, e anche quella non sembra godere di buona salute.
Nella tre-giorni inaugurale, 11, 12, 13 gennaio, dell’evento che durerà tutto il 2020, una mostra è dedicata alla Gazzetta di Parma, il più antico quotidiano italiano. Una bella iniziativa, ma che rimanda al rischio che il giornalismo, e non solo quello italiano, possa diventare niente più che tradizione.
Il 2020 sarà, infatti, anche l’anno della definitiva consacrazione del digitale, del completamento della transizione da un supporto ad un altro e dell’intreccio tra tecnologia e finanza, tra computer e banche.
Il futuro sarà ancora una volta fatto di incontri e di scambi, di comunicazione, di convergenze. O di involuzioni, come quella che riguarda la trasparenza, diventata, ormai, sinonimo di democrazia apparente che nasconde poteri occulti. Anche per questo gli incontri gastronomici, la vista del bello e le rappresentazioni dell’arte e della storia servono all’Italia e, ancora di più, al resto del mondo.
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