Non è facile stabilire chi abbia ragione intorno alla discussa vendita del gruppo ferroviario che – per ironia della sorte si chiama Italo – a Global Infrastructure Partners, un colosso americano che ruba un altro pezzo dell’ industria italiana e lo porta fuori dai confini nazionali. Italo poteva essere quotata in Borsa, ma qualcosa, forse tante cose, hanno suggerito di venderla in blocco. Gianni Agnelli diceva che costruire auto è un mestiere da giganti e scelte come quella fatta a proposito di Italo non sarà stata una scelta da nani. Deve far riflettere quella frase di Luca Cordero di Montezemolo, fondatore del gruppo ferroviario, “quando stavamo per chiudere non si è visto nessuno”. E’ dunque dalla solitudine che nasce quella scelta. Insieme con tutte le altre scelte che vengono prese in autonomia dal potere pubblico, dalla nazione, dal paese. Senza entrare nel merito e senza aderire acriticamente alla versione di Montezemolo, come non accorgersi che il nostro paese lascia soli giovani pieni di talento e di idee, ma anche piccoli, medi, grandi imprenditori? Come non vedere che alla classe politica italiana cresciuta negli anni del conflitto di interesse, della distruzione dei partiti politici e della polverizzazione dello Stato non interessa minimamente fare sistema e neanche mostrare un pò di orgoglio. Mentre, con tutti i suoi difetti, a quella del secolo scorso non mancavano certo le idee, anche se qualcuna era sbagliata. Storceva il naso qualcuno di fronte a quel rapporto spesso opaco tra impresa e politica coltivato quando decideva l’ avvocato Agnelli. Ma oggi è la resa, la totale mancanza di autostima, la confessa incapacità di tornare padroni del proprio destino, quasi una cupio dissolvi. Pretendere che si prendano carico dei problemi del paese gli imprenditori quando non lo fanno i politici è troppo.
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