Di fronte al dolore di Nadia

ph Dmitry Zelinskiy on Unsplash

Accostarsi alla vicenda di una persona che non si è conosciuta, così carica di significati, è una operazione delicata, soprattutto quando essa è una giovane donna. Della morte di Nadia Toffa colpiscono tante cose. La prima è il contrasto tra la giovinezza, la  vitalità e la solarità del personaggio e la cattiveria del male che l’ha colpita. Quando la storia personale, e non solo quella, si incanala in questo imbuto prende il nome di tragedia.

Del cancro si dice che sia una malattia che gioca col malato come fa il gatto col topo e l’intellettuale americana Susan Sontag, autrice di Regarding the Pain of Others, ha dedicato al tema il saggio La malattia come metafora. Ciò ci sostiene nell’innalzare Nadia sul vortice insignificante di post del nuovo villaggio globale telematico, per sostituire il suo sacrificio a quello di una generazione intera.

Avere contaminato ogni cosa dalla dimensione del guadagno, dell’accumulazione e del successo (che non è solo celebrità) ha, infatti, occultato colpevolmente quella del dolore, di cui la malattia è la manifestazione più vistosa. Essa indica la precarietà di ogni gioia, l’altra faccia della ricchezza, la caducità del reale, il limite cui tutti siamo sottoposti.

La vittima sacrificale non è scelta a caso dal destino, ma per indicare nel modo più feroce possibile la dura realtà dei fatti. Ma ciò significa qualcosa di più terribile. E, cioè, che la dimensione opposta e speculare, quella del piacere, è, anch’essa messa in crisi dalla stessa logica di accumulazione tanto bene illustrata nelle opere di Byung-chul Han, un filosofo orientale che cerca di spiegare l’Occidente agli occidentali.

Il piacere non è, infatti, tanto nel suo compimento ma nel percorso verso la meta, come si scopre in una celebre poesia di Giacomo Leopardi: Il sabato del villaggio. Molti sono convinti che, nelle scuole, leggere i classici non serva più. Eppure sarebbe utile anche per dimostrare il contrario di quel che comunemente si crede. Come lo stereotipo del Sud colto e sensibile e del freddo Nord regno della tecnica. Rovesciato dal disagio col quale Nadia Toffa confessò pubblicamente quanto le stava accadendo, perchè non c’è forza che non nasconda la fragilità

 

 

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