Doppia sfida

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L’età dei diritti, come la definì Norberto Bobbio, ha dimenticato i doveri. Non è una banale dimenticanza. Si pretendeva dallo Stato o da chiunque altro venisse identificato come ipotetico datore qualcosa di dovuto o che si immaginava propria o che, semplicemente, ci saltasse in mente.

Più aumentavano le richieste più cresceva il debito, ingrossando e soffocandoci come quella pratica crudele che si chiama incaprettamento. Il mondo stravolto che vediamo, che ci punisce e ridicolizza, è il suo epilogo beffardo e allucinante.

Prima le donne e i bambini. Poi gli anziani, perchè – come diceva un capo democristiano nella metà del secolo scorso – qualcuno avrebbe pensato a tutto dalla culla alla bara. In cambio, lui e tutti gli altri avrebbero conservato il potere, perchè nella psicologia democristiana il potere era adulterio, peccato senza carne.

I diritti erano vincolati alla famiglia. Senza rispetto della forma e delle regole niente diritti, carriera, beni materiali. No Martini No Party.

A un certo punto quel modello di società è saltato, travolto da tanta ipocrisia ma, anche, dalle tante possibilità offerte da un mondo nuovo, tanti nuovi inviti e tanti nuovi Party.

In ogni caso, nei tanto vituperati anni Ottanta le cifre statistiche dicono che la famiglia reggeva agli urti dei cambiamenti culturali, delle mode. Nonostante tanta eccentricità ed euforia, l’Italia non era persa e il fascino di quella stagione sta in questo equilibrio, nel suo attaccamento ai fondamenti, diremmo classicismo.

Ceduto il posto la famiglia alla coppia e, poi, scalzata essa stessa dall’individuo, le richieste sono aumentate e il debito non è stato più controllabile, nè politicamente giustificabile. L’istanza è rimasta priva di qualificazione. Il populismo è (stato) in fondo questo.

La democrazia crea dunque debito e, qualche volta, è vero il contrario. Il mondo globale nato da scelte molto discutibili agli albori del secolo si chiuderebbe con un compromesso tra chi è democratico e chi non lo è: una versione riveduta e corretta della Guerra Fredda, celebre espressione coniata da Walter Lippmann.

Nella revisione degli anni Ottanta e nella tardiva rivalutazione del personaggio chiave di quegli anni – Bettino Craxi – riemerge quel concetto che era stato messo da parte: il merito, ovvero il premio alla creatività, all’impegno, all’umiltà, all’autonomia di giudizio, al coraggio.

È in atto il tentativo di recuperare il concetto di dovere e saldarlo a quello di diritto. L’unico modo per arginare la deriva del debito – è stato spiegato – è creare debito buono. E la differenza tra debito buono e debito cattivo sta nel merito. Se qualcosa e, soprattutto, se qualcuno merita il debito creato peserà meno.

Se il coraggio non dovesse bastare potrebbe aiutare la fede. Nell’estensione dei diritti senza senso e nella sua sciagurata trasformazione in debito, la fede aiuta a trovare il senso e, quindi, a ridurre il debito. Fede contro diritti e merito contro debito, ovvero la doppia sfida del tempo che viviamo.

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