La Rete, World Wide Web, non è il mondo. Il mondo lo vediamo passeggiando per le strade di una città dell’ Europa dell’ Est, nei bar delle megalopoli Sudamericane, a Napoli. Diciamo che Internet è meno del mondo essendone una copia fatta di immagini, suoni e parole, collegati tra di loro attraverso una imprendibile intelligenza. Ma essa è più del mondo perchè viene sottratta alla dimensione temporale. La Rete tende a lasciare tutto intatto. Come Napoli, nella definizione di Curzio Malaparte: il mondo antico “rimasto intatto alla superficie del mondo moderno”. E, dunque, come il mondo antico, la Rete ha le sue vette e i suoi abissi, il silenzio, la poesia e i mostri. E’ il mondo dei rischi e delle opportunità, da tenere sotto il rigido controllo della tecnica. Nel mancato compromesso, che è proprio del nostro tempo, tra la ricca e pericolosa eredità del mondo antico e il resto del mondo, perchè così merita di essere chiamato al cospetto di quella che fu l’ età dell’ oro dell’ uomo, delle sue debolezze e virtù, in questo compromesso che non c’è c’è il segreto del mondo che verrà. Tra chi? Intanto tra America ed Europa, ovvero tra il Nuovo Mondo che racchiude il mondo antico, e il vecchio Continente, che ha sperimentato il modello cristiano di civiltà e lo perpetua nelle sue istituzioni, nella sua cultura e nelle sue ipocrisie. E poi tra il mondo antico e tutto quello di diverso che ha incontrato. Come nel caso del rapporto tra mafia e Stato, che ha scandito il tempo del secolo scorso in un posto del mondo, la Sicilia, dove più nitide sono apparse le immagini che evochiamo. Una relazione che, nel Novecento ma anche nell’ inizio di questo secolo, ha sperimentato almeno tre versioni. Se ce ne saranno altre dipenderà dalla forza dello Stato e dalla forza della mafia. Due immagini della vita associata diventate meno nitide di quelle cui il Novecento ci aveva abituato. Colori che nel futuro forse non rivedremo mai più.
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