Il bivacco, la casta e gli Uffizi

La primavera di Botticelli è custodita agli Uffizi di Firenze

Chissà se, durante la campagna referendaria, qualcuno ha citato, contro la riduzione del numero dei parlamentari, il Discorso del bivacco  di Benito Mussolini o, magari, la definizione di Federico Hegel: il Parlamento come porticato tra lo Stato e la società civile. Forse nessuno si è spinto a tanto estremo di crudezza e nobiltà, perchè la situazione è grave ma non è seria. In tanti sono persuasi che finirà a tarallucci e vino.

Ormai si segue l’emozione del momento, l’intelligenza artificiale ci precede per accompagnarci, come gli avvocati che se ne fottono del cliente e, prima ancora di aprire la porta dello studio, stanno già pensando a dove passeranno le prossime vacanze.

I libri sono stati divorati non dai lettori (che sono sempre meno) ma dal presente che uccide. La casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo fu ristampato molte volte e si ritiene abbia segnato un’epoca (oltre ad avere aggiunto qualche zero al conto corrente degli autori) ma Lo spreco che, qualche anno prima, affrontò temi altrettanto delicati, ebbe minor fortuna. Dicono gli inglesi che i gentiluomini parlano di problemi e la servitù di persone, ma la seconda circostanza ha maggiore efficacia.

Il mio sogno è un taglio netto a tutto, cantavano i Litfiba in Apapaia, un brano contenuto nell’album 17 Re del 1986. Ma qui parliamo di Stato, leggi, democrazia. Oppure diciamola tutta, che l’oltraggio alla Costituzione, di questo si tratta, era già implicito nella nascita della Seconda Repubblica. Essa è infatti la carta più bella del mondo. Bella come le opere d’arte degli Uffizi o di via Palestro. E che dire di Pierluigi Bersani che voterà Si? Tanto peggio tanto meglio, una cosa già vista.

 

 

 

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