
Edward Bernays, uno degli uomini più influenti del secolo scorso, il quale si servì della parentela con Sigmund Freud, padre delle psicoanalisi, per fare carriera (in siciliano suonerebbe tipo Sugnu u niputi di don Totò) cita nel libro che lo rese celebre la sacra congregazione de propaganda fide, potente strumento per difendere la Chiesa Cattolica, la sua tradizione e la sua missione nel mondo.
La propaganda è stata molto utilizzata anche nel Novecento con parole, opere e omissioni. Oggi è il tempo della bugia. La bugia sta alla propaganda come i dilettanti stanno alle menti raffinatissime.
Uomo d’affari e pubblico amato ma anche spigoloso, pieno di difetti e vizi, Donald Trump è protagonista di una tragedia. Ha perso le elezioni, ma tantissimi lo hanno votato e lo voterebbe ancòra, persino se il suo nome non fosse stampato sulla scheda consegnata al seggio o recapitata per posta.
Non dimentichiamo che, agli inizi della sua avventura politica, fu definito un manuale di scienza politica che cammina. Oggi è un problema-persona risolvibile solo togliendogli l’audio o mandando un messaggio in sovraimpressione. Tecnicamente, censurandolo. E lo stesso si fa, adesso, in Italia, quando un politico non sa quello che dice o dice cose inaccettabili, come pensare incandidabile una donna perchè malata di una grave malattia.
Un parlamentare presidente di commissione non persuaso che, senza rispetto per la persona umana e per la vita, viene meno la stessa ragion d’essere della politica e vengono mortificati i valori sui quali si fonda una comunità locale, regionale (e, oggi, si pretende mondiale) va, quindi, messo a tacere. O, almeno, così pensa e fa la televisione di Stato.
La globalizzazione senza regole e confini di commercio o connessione ci lascia in eredità tanti problemi. Inizia a mostrarceli la controluce della pandemia. Beffarda è la censura, la cosa più illiberale che ci sia, rovescio della medaglia di latta di una libertà di opinione che suona falso. Come quando ne hai combinate tante che ti mandano a letto senza cena, oppure dietro la lavagna con la faccia contro il muro. Per impedirti di dire l’ennesima sciocchezza.