La doppia illusione antisraeliana

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Il gigantesco trauma dell’attacco terroristico a una democrazia funzionante e determinante necessita di un supplemento di riflessione. Ma il dibattito, in Israele, intorno al ruolo della tecnologia a tutela della nazione e alla tradizionale formazione che vale al servizio segreto il prestigio che merita era, già, in corso da tempo. C’è stato un tradimento della tecnica.

La guerra è un evento terribile che segnala la fine di un tempo e l’inizio di un altro. Se è vero che è entrato in crisi il principio due popoli due stati, quella crisi si trascina la crisi del popolo nella sua coesione e unità. E questo vale in Israele ma anche in Europa, per esempio in Francia, che è il centro, in Occidente, di tutte le contraddizioni che stanno scoppiando.

Si illudono, ora, quei cristiani che attribuiscono a Israele la colpa di quanto accade. Questi muri che si alzano, queste barriere religiose, culturali, psicologiche, perchè – oltre ai missili e alle bombe c’è anche il McDonald’s preso a pietrate in Turchia – sono quelli crollati, a suo tempo, per donare cristianamente la libertà ai paesi soffocati dal comunismo sovietico. E non saranno i preti alla consolle che sparano musica techno a risolvere il problema.

C’è, poi, l’illusione del mondo progressista. Così ben rappresentata dallo scrittore Etgar Keret intervistato dal Corriere della Sera: “la sinistra europea – e io sono di sinistra, resto di sinistra – ha ragionato allo stesso modo per così tanti anni che a livello emotivo non riesce a inserire le atrocità commesse da Hamas nell’equazione di sostegno alla causa palestinese“.

Significa che non si riesce a uscire dalla logica dell’appartenenza e a percepire il cambiamento storico in atto. Il nucleo valoriale in Europa (ma anche in Israele) ha cambiato sede e non è più a sinistra. C’è una mutazione di senso storico e ideale emersa nella guerra in Ucraina col ruolo dei nazionalisti. Ma quale che sia il colore di questa passaggio, le illusioni come l’odio non hanno mai colore.