
La moda è arte da indossare. Ed è una cosa legata profondamente all’Occidente e al pensiero occidentale. Esso, infatti, non più elaborare pensieri senza forme, senza forma. Esige la forma. È, anzi, essenzialmente, forma. La forma permette alla tradizione di conservare ciò che non cambia, mantiene intatta l’illusione che tutto sia cambiato. Io nel pensier mi fingo, diceva Giacomo Leopardi. I designer della parola, della costruzione, i maestri della sartoria e della politica sono stati ispirati dalle piazze, dai palazzi, dai promontori del paese più bello del mondo. Ecco dove prendono vita il minimalismo o il perfezionismo, quella tonalità di colore o una sfumatura, il modo di imprimere una trama ad un pellame. Ecco dove nascono l’idea di un grattacielo o una giacca senza struttura interna. E’ la forma impressa nell’immaginazione del suo creatore il quale la restituisce al mondo. Ma la moda ricorda il mondo antico: non solo tuniche e toghe ma anche bracciali e braccialetti, gioielli da indossare realizzati con grande perizia dai fenici: il popolo di mercanti che ha insegnato agli occidentali a prendere la vita alla leggera. Forse sapendo che lo scambio può servire a quello scopo primario, conservare (la sostanza delle cose). Nonostante i rischi, perchè la cultura occidentale è anche la cultura della crisi, convivenza con la morte, inquietudine, angoscia che ci accompagna e induce a rischiare. E, oggi, sembra che il seme lasciato germinare lungo la rotta fenicia dai mercanti venuti dall’Oriente, amanti del bello e del mistero, che si atteggiavano a malandrini, abbia contagiato le relazioni interpersonali, la visione del futuro, gli affetti. La moda, ovvero il bello da indossare, da vendere e comprare, è lo spirito occidentale prêt-à-porter. Lo spettacolo deve continuare, The Show Must Go On cantava Freddie Mercury. I siciliani lo sanno bene perchè la loro è una storia di sconfitte e di conquiste subìte. Ma solo una sconfitta permette di vincere ancora, perchè la sconfitta formale, tante volte, nasconde una segreta vittoria. Una sequenza di sconfitte si è fissata permanente come condizione dell’anima, fa vivere nella paura che diventa collettiva, idealizza la forma, il sogno, la poesia e si trasforma in vittoria del mito. Niente di più elegante.