La vendetta dell’irreale

ph Mariana Yarritu on Unsplash

Potevano stupirci con effetti speciali, ma hanno preferito consumare la più beffarda delle vendette: trasformare la morte, il dolore e la paura in un videoclip, uno spot pubblicitario all’incontrario con la colonna sonora e la presa diretta. Ma i morti sono veri, il sangue non è tomato sauce, e fottutissimamente veri sono lo strazio, l’angoscia di questa corrida del futuro, senza senso e tradizione. Poi c’è la modella che muore, anche lei come dentro a un film, uccisa forse da un gas o da un veleno come negli 007, dove la morte è elegantissima e viene data nei modi più strani, con le scariche elettriche o la vernice d’oro. E, infine, Parigi che viene saccheggiata e stuprata, Parigi con le gambe aperte, il negozio di Bulgari devastato, il ristorante à la page distrutto e le edicole date alle fiamme come succede  in Once Upon a Time in America di Sergio Leone, quando i giovani gangster sembrano fare pipì e invece è benzina. Le immagini scintillanti della moda e del cinema che per decenni hanno reso le nostre vite meno banali, illudendoci di essere protagonisti col riflesso dell’irrealtà, si trasformano in incubi, distruzione, saccheggio, follia. Non solo l’immaginazione ha sbranato la realtà ma alla realtà è sfuggita di mano l’immaginazione. Le catene attaccate alla mente degli individui per non vedere e non sentire sono state spezzate. Si tratta di un disagio autentico, di una brama di giustizia disperata, di un bisogno di Dio che non trova le parole, i mezzi per esprimersi nella sua potenza e si ritorce contro l’uomo diventando Demonio. Sono passati oltre due anni da quando in Turchia un diplomatico fu ucciso da un attentatore in completo nero slim fit, irreale sullo sfondo bianco di una galleria d’arte. Abbiamo pressato sull’acceleratore delle illusioni, sorpassato a destra il pensiero e il sentimento, rotto ogni barriera, ecceduto ogni eccesso. E, per molti, le immagini della realtà restano riproduzioni su uno schermo televisivo, su quello di un palmare, voci rimandate dalla radio. Quasi un altro oltraggio ai morti, l’ennesima offesa a Dio.

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