L’età post-corleonese

ph Dominique Josse on Unsplash

A causa della (deprimente) difficoltà ad orientare il discorso pubblico, il tempo che viviamo si può intendere solo riferendosi al passato. Ci sono una crisi di sistema dell’opinione pubblica e una torsione nel meccanismo di controllo del potere. Un eccesso di spazi e parole, troppa libertà, troppa narrazione e troppe bugie. E ancora più ingiustizie, restate nell’ombra o, peggio, nascoste nei cassetti.

Si rimprovera all’ascesa del liberismo, negli anni Ottanta del secolo scorso (un virus, secondo il gesuita Bartolomeo Sorge), l’ossessione del denaro. Oggi è aumentata, ma senza sforzi creativi, volontà di successo, irriverenza. E’ una malattia, la ricerca del denaro, che, anzi, si mescola ad un nuovo puritanesimo, rispetto al quale la Chiesa Cattolica stenta a dare una risposta mite e decisa.

Quando il presidente del Consiglio Giorgia Meloni citò Giovanni Paolo II intorno al diritto di fare quello che si deve evocò non solo la disciplina, ma anche l’identità. Rispondere ad un imperativo (interiore) è, infatti, essere autenticamente se stessi. Indifferenziando le masse, si polarizza verso l’alto. Il rischio è di una rinuncia all’identità (culturale o, peggio, di genere) in nome del denaro.

Non c’è altro modo per definire un’epoca così incerta se non evocando i lunghi anni di dominio della mafia corleonese e dei loro alleati, a cominciare da quella élite locale peraltro altrettanto (moralmente) analfabeta. Autoritaria e verticistica, l’epoca attuale ne è la coda infame.

Non solo stragisti al posto di leader sociali, ma anche banchieri, amici e parenti di banchieri, al posto di politici e lobbies mediatico-giudiziarie al posto di parlamenti liberamenti eletti. Una malattia capace di contagiare anche il polo opposto, da antimafia ad antimafia di facciata. Tutto questo ha, lasciato, il tempo che viviamo.

Capitale della mafia e, poi, dell’antimafia (nell’ultima versione mafia statualizzata o mafia di palazzo) Palermo è, oggi, modello di città post-corleonese. Tale immagine è evocata dal profilo meschino della classe dirigente, dalla carenza dei servizi pubblici senza precedenti, a cominciare dalla nettezza urbana, dalla totale mancanza di una strategia economico commerciale, di opportunità. Nel triste tentativo di agganciare il passato, c’è incoerenza nella proposta culturale e incapacità di immaginare il futuro.