L’ agonia della globalizzazione lascia centri che sembrano periferia, anzi periferia della periferia, perchè la globalizzazione cancella il concetto stesso di capitale. Ma cosa è una capitale? Essa non è che il luogo che ha visto la storia che entra nei palazzi, che sale sui palchi o si materializza per strada. Lo spostamento del potere – che non è solo decidere ma anche difendere la propria identità – è stato non solo geografico ma funzionale: dai partiti organizzati verso le centrali del potere economico e giudiziario, grazie a chi ha alimentato le divisioni e creato le condizioni del conflitto di interessi, sottraendo valore e dignità alla democrazia. La qualità dei servizi si lega alla democrazia, cioè alla forza con la quale gli utenti la impongono alle amministrazioni. Come la lingua viene trasformata da chi la parla, un giornale scritto da chi lo legge, la città, in fondo, subisce le decisioni di chi le subisce. L’ interesse generale e collettivo è passato di moda anche se, a Palermo, manca da sempre la gravità del bene comune. Le chiese, i parchi e i giardini, i luoghi della cultura, le strade rinomate per la loro eleganza hanno vissuto una nuova decadenza. Luridume, sfascio, abbandono, servizi inefficienti e luoghi pieni di spazi vuoti. E’ sembrato perduto il senso della comunità, e una comunità si percepisce come tale in ragione della differenziazione dalle altre comunità. Pertanto, una delle cause della crisi della dimensione comunitaria è riconducibile a questa moda, il globalismo, di pensare che ogni cosa sia interscambiabile. Città in cerca di nuovi leader, quando, insieme con la globalizzazione, cade il mito del leaderismo politico. Esso dalle città fu proiettato sulla politica nazionale, agli inizi degli anni novanta, per giungere al suo attuale declino.
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