
Il Novecento, definito il secolo della psicologia, ci lascia beffardamente in eredità una politica non più in grado di parlare ai cuori, e che ha lasciato spazio ai missili e ai carri armati. Non ci sono più padri della Patria o delle Patrie.
E non è conveniente parlare di sorelle o figli della Patria. Ne tampoco di fratelli, giacchè la sostituzione del padre col fratello è propria della massoneria (evitare di parlarne è comunque un semplice accorgimento mediatico).
L’Italia è sempre stata divisa in due, con un partito comunista fortissimo e uno stato talmente aggregato al perno del potere occidentale, gli Usa (nazione, potere e mito) da fare, spesso, parlare di scambio ineguale. Ciò è proseguito anche con la divisione, grottesca, intorno a una figura carismatica, amata e odiatissima come mai nessuno prima, come correttamente segnalò Don Gianni Baget Bozzo.
Ma è presto per dire cosa accadrà, se prima non si sciolgono i nodi irrisolti lasciati da un mondo in frantumi. E che colpa avrebbe il Papa che, a suo tempo, sciolse le catene di milioni di donne e uomini? Che colpa hanno i tanti che non hanno saputo bere dalla coppa della libertà sapendo riconoscere il fondo?
Invece oggi ci sarebbero recriminazioni da fare intorno a questa Europa e questi Stati Uniti che, più che padri o madri, sembrano in grado di produrre dei sostituti affettivi. Al posto dell’amor di Patria abbiamo al massimo l’affetto di Patria, metafora dell’amore borghese fatto di convenienze e reciproche concessioni (che gli americani capiscono meno degli europei e infatti non hanno borghesia ma middle-class).
Come quando non avendo qualcuno si porta a passeggio il cane, così l’Occidente ha rinunciato alle forti passioni, e ceduto la propria rappresentanza a personaggi che si limitano ad aspettare che passi. E, forse, se non si viene invitati a una cena oggi, si può anche aspettare. Meglio una gallina domani che un uovo oggi, ma stando sempre attenti a non fare frittate.