Palermo capitale cercasi

Statua di Garibaldi nel villino Garibaldi a via Libertà

Dalle parti del Comune di Palermo, quinta città d’Italia, importante laboratorio politico, l’aria non è quella che si dovrebbe respirare nel centro di comando di una grande capitale. Assenza di cultura in senso lato, latitanza di programmi di qualità. Non diciamo di ambizione, voliamo basso per piacere, che se cadi ti rompi le ossa.

Al di là delle sensazioni, alla base, concretamente, ci sono la debolezza dei protagonisti e la forza amorale della magistratura, che oggi è il vero potere occulto, pervasivo, quel potere che negli Usa rimanda ormai esplicitamente a uno stato di polizia.

Qui dove non siamo explicit la magistratura è l’amante segreto della politica, che ha scalzato dal letto del potere la mafia, un tempo tutto e ogni cosa, pure i cirini su mafiusi, quando Palermo era la capitale della mafia.

Intanto gli anni del dominio corleonese hanno privato di senso l’ipotetica distinzione tra mafia cattiva e mafia buona.  La seconda era la mafia agraria, tradizionalista, rispettosa dell’aristocrazia e della cultura. La prima moderna e spregiudicata industria del crimine, catanese, calabrese, campana e milanese d’adozione. Ma il totalitarismo corleonese ha spazzato via ogni distinzione. Da tempo sono tutti figli della stessa madre, naturali o adottivi, cattivi per scelta o per necessità. Nessuna nobiltà nella miseria.

La Sicilia, che non ha mai saputo raccogliere le sfide culturali della sua capitale, ha visto fallire l’istituto dell’autonomia regionale perchè non è stato un progetto condiviso. L’antimafia, elaborata e concepita a Palermo, ha oscillato tra l’essere aspirazione elitaria e grottesco orpello burocratico. Fino a diventare peggio, ovvero quello che Leonardo Sciascia sapeva già. Questi sono due fallimenti di Palermo.

Oggi forse la città si è stancata di lanciare sfide. Oppure è tornata quella che è sempre stata nello stereotipo, città indolente e sofisticata dove, per dirla in palermitano, tutti si sentono nati prima dell’intelligenza. Oppure sempre cerca di uno nuovo conquistatore che ancora non viene riconosciuto. Un padrone da dominare, come sempre è stato. Da spremere come un limone, fino al prossimo fallimento.