Profumo di limoni

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La fertile e amena vallata che si stende fra i monti a sud di Palermo, attraversata a zig-zag dal fiume Oreto, di cui parla Goethe nel celeberrimo Viaggio in Italia, ha cambiato volto. Ma è rimasto il suo profumo, la sua persistenza, le note di testa, di cuore. Il piacere dei contrasti, la complementarità degli eccessi, vizi e virtù, gli stordimenti. Il vaso colmo di nardo spaccato sul capo di Cristo di cui narrano le Scritture evocherebbe il bene che contiene ogni dono, ma anche il male: un peccato.

Una candela al santo e una al serpente, scrisse Leonardo Sciascia per esprimere, con poche e significative parole, l’eclettismo siciliano. Che si diffonde e resta nell’aria, Cristo e il paganesimo, ma, anche, cattolicesimo romano e disordine creativo, varia umanità, bellezza e corruzione. Quasi che la chimica incontrasse Dio.  I limoni che hanno popolato per secoli la Conca d’oro, miracolosi esempi di antico ibrido, ma non solo. Modelli culturali che si specchiano l’uno nell’altro, contemplando ciascuno nell’altro la propria grandezza e la miseria, il fondo. Ma anche uomini e donne che si cercano e, quando si trovano, danno vita a nuove ibridazioni.

Il secolo dei grandi conflitti è stato consegnato alla storia, quello nuovo si è aperto con scambi planetari sempre più ambiziosi. Attraversiamo un’epoca di grande disordine in cui lo spirito erratico è transitato sulla rete. Che sia stata la tecnica ad amplificare ogni cosa, a dilatarla sempre di più, ad abbassare la latenza, o che si sia trattato di un inseguimento, quasi che la tecnica del controllo e del calcolo tenesse a freno la macchina del mondo lanciata a tutta velocità. Non ci resta che seguire la scia di profumo lasciata dai limoni, percorrendo a ritroso, tra santi e serpenti, i sentieri della storia. 

 

 

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