Quella corsa del cane che fugge

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La missione principale di Giorgia Meloni è difendere l’Italia, e sembra sincera nel suo proposito. Porre solide basi perchè il paese possa affrontare le difficoltà di una stagione diversa dalla precedente. Mario Draghi ha diretto uffici importanti negli ultimi 30 anni e questo spiega quanto conti per la premier il rapporto con lui.

La presenza a Palermo del primo presidente del Consiglio proveniente dalla destra tradizionale nel giorno della memoria di Paolo Borsellino contiene molteplici elementi. Ma, certamente, segnala l’esigenza di una riqualificazione, alla luce del mutamento di contesto intervenuto, delle relazioni tra Stato, mafia, società, individui singoli.

Banalizzare la questione del concorso esterno in associazione mafiosa è un errore. Ma ancor di più usarla come un randello contro l’avversario. Se, infatti, questa fattispecie contiene ambiguità, esse possono essere indifferentemente vantaggiose sia a chi vuole usare la giustizia per fini politici sia a chi vuole coprire collusioni e infedeltà.

La novità della destra al governo si inquadra anche nel rinnovato protagonismo dello Stato-Nazione e della sua economia. I rischi legati a pratiche sleali e interferenze impongono, molto più di ieri, l’esigenza di tutelate le imprese strategiche. Ragionando in modo controfattuale: cosa se la Rai fosse in mano russa o l’Eni in mano cinese?

La lettera di Marina Berlusconi, preoccupata per le iniziative giudiziarie che seguitano indirettamente a riguardarla, segnala questo problema. Il secondo polo televisivo italiano fa parte delle realtà meritevoli di tutela e, pertanto, non può in alcun modo essere danneggiato, financo sul piano dell’immagine.

Ovvio che l’azione penale debba sempre essere esercitata, ma è verosimile il rischio di influenze, condizionamenti, interventi esterni che, oggi più di ieri, non possono essere tollerati.

Questo reato color di cane che fugge e, se non il concorso esterno, l’accusa di mafiosità, da sempre contiene molteplici sfumature. La più tenue – ma non per questo meno perniciosa – è quella legata al pregiudizio identitario e, quindi, all’identità nazionale. Non sei associato ma la tua razza è quella li.

La ricostruzione del mondo su basi nazionali, sebbene altamente secolarizzato e interdipendente, fa riemergere antiche pulsioni, competizioni, gelosie e complessi (emblematiche le polemiche tra Italia e Francia) che non giustificano zone grigie.

Questo non significa affatto che sulla lotta alla mafia si debba tentennare o ci si debba fermare. Anche quella fa parte della ricostruzione nazionale ma, tuttavia, è impossibile se non si punisce chi demerita e si difende e premia la buona volontà e il coraggio. E, quindi, mantenere in equilibrio quella bilancia che ora pende dal lato dello Stato, ora da quello della società civile.