
Le masse vivono schiacciate dal presente e non cercano più quello che non si vede. L’autorità non riesce a dirmi più nulla, scriveva lo psicologo Carl Gustav Jung. Accade che manchi il disegno, ovvero ciò che la matita lascia su un foglio dopo ogni passaggio, ma che esisteva già prima – tutto intero – nella mente dell’architetto che lo aveva concepito.
Se ci si perde nell’attimo in cui si crea, pensieri e azioni, si vive e si muore attimo per attimo, manca il filo conduttore ed è una questione soprattutto cristiana ed europea vedi L’Europa pigra e il presente che uccide.
Più propriamente, donne e uomini non cercano più la salvezza. Si corre, si comunica, si cerca il prossimo ma si stenta a dare un senso a tutto questo. Il denaro ha un senso? Certo che si, nella forma il cui lo si considera e nella maniera in cui lo si utilizza.
Quanto accade da mesi in Ucraina ci dice adesso che la salvezza non è una cosa astratta. La morte insegue la vita, è un monologo che cancella il minimo per vivere e godere dell’essere in vita su questo mondo. La guerra dilata il dolore nel tempo e lo rende una condizione permanente e, quindi, interiore.
La salvezza è La Pelle, il romanzo di Curzio Malaparte ambientato a Napoli, la città dove la bellezza della vita può tramutarsi in un istante nell’orrore del suo opposto, e che è capace di contenere le due facce della realtà.
Nella salvezza cercata dagli aggrediti c’è anche un nuovo senso della politica. Ma che non ha una forma precisa, perchè amor di patria, coraggio e dignità non bastano, sono sentimenti, manca per l’appunto il disegno.
Nell’entrare in connessione la salvezza cercata dai ricchi con quella cercata dai poveri, nel confronto tra la disperazione di vinti e quella dei vincitori, c’è, forse, un nuovo inizio. Scompare quello che chiamavano un mondo ormai globale, tanti forse neanche in buona fede.