Serena autocritica

ph Kristina Flour on Unsplash

Non si tratta di commentare una sentenza, soprattutto quando è già stato abbondantemente commentato lo stesso processo che, per molti, neppure andava fatto. E non si tratta nemmeno di scomodare Carl Schmitt o Norberto Bobbio. Non occorre citare il coraggio per il segreto che il giurista tedesco chiedeva agli uomini pubblici perchè nel segreto sta la salvaguardia della comunità della quale facciamo parte. O ricordare che la necessità si fa legge perchè è sciolta da ogni limite, è legge essa stessa come scrisse il giurista italiano. Invece occorre ricordare che l’ uomo è sociale e la società civile è il luogo, non solo fisico, dove interagiscono gli individui con le loro passioni, convinzioni, desideri, miti, credenze, con il loro aspetto fisico, con l’ odore, i ricordi o le ambizioni. Donne e uomini si aggregano, si uniscono e dividono, lottano per qualcosa o per qualcuno. Sbagliano oppure no. Il punto è, allora, se quel pezzo di società con la quale lo Stato – rappresentato anch’ esso da persone in carne ed ossa – ha aperto un confronto, possa definirsi società civile. Non si può definire società civile, senza ombra di dubbio. Non può essere definito membro della società civile chi uccide una persona al giorno per mesi o chi preme il pulsante del detonatore. C’è da chiedersi, però, come la società che ha deciso di commettere dei delitti molto gravi abbia avuto la forza di interagire con la società civile italiana. Al punto da dialogare con lo Stato da pari a pari. Occorre fare una serena autocritica, lasciando ogni cosa al posto che gli spetta. A cominciare dalle norme e dai codici.

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