Una sintesi tra due parentesi

Michael Bloomberg

Michael Bloomberg vive nell’Upper East Side, a New York, la city per eccellenza, e questo è, di per se, un fatto singolare e affascinante per un uomo che ha raggiunto, nella vita, le vette della ricchezza e del successo. Ma non perchè altre persone di successo non vivano in mezzo agli altri, quanto perchè il grande editore prende la metropolitana, gira a piedi, sente il respiro della città di cui è stato primo cittadino. E dalla polis alla politica della più grande democrazia del pianeta, gli Usa,  il passo potrebbe essere breve. Se Bloomberg, il quale ha, recentemente, fatto capire di essere pronto a scendere in campo per le presidenziali del 2020, saprà prima fare capire agli elettori e, poi, al mondo, che cosa sia utile nei prossimi anni. Forse quello che serve non è solo l’ anomalia di un repubblicano che guarda a sinistra, come lui è sempre stato. E, forse, non basta più una personificazione vivente del sogno americano, l’ uomo che dal nulla crea un impero grazie alla forza prodigiosa conferitagli dal Dio d’ Israele. Serve, piuttosto, chiudere non una ma due parentesi. La prima è stata chiusa, in realtà, da Donald Trump, e fu la parentesi di Barack Obama, il presidente-filosofo. Grande cultura, fascino personale, grandi doti comunicative, una formazione ineccepibile, la rottura del tabù del presidente afro-americano, ma una assoluta inefficacia di strategie e programmi. Ma anche il simpatico Trump è una parentesi. Un esponente della società civile, così radicalmente lontano dalla logica della politica, non può durare nella società politica. Sarebbe pericoloso, almeno quanto pericolosa sarebbe stata la sua sconfitta nel gennaio del 2017. Ecco perchè Bloomberg potrebbe rappresentare una sintesi tra diverse esigenze. Sintesi, infatti, è la politica stessa del paese che sente più di tutti gli altri le aspettative della società anticipandone il futuro.

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